martedì 23 luglio 2013

Recensione HTC HD2 con Android 4.2.2 versione CyanogenMod 10.1.


Vi presento il frutto dell'ultima recensione prodotta in tandem con il mio amico +Giorgio Bella: questa volta non è un'applicazione ad essere messa sotto l'occhio della nostra camera, ma è un device completo, un prodotto anziano quanto storico, uno fra i pochi a poter annoverare un supporto dalle varie community di sviluppatori oserei dire imparagonabile a quello di molti altri terminali. Sto parlando di HTC HD2.

HD2 è uno smartphone full-touch con display capacitivo da 4.2 pollici WVGA, uscito alla fine del 2009 con sistema operativo Windows Mobile 6.5. La particolarità di questo device è stata quella di potersi prestare particolarmente bene al modding da parte degli sviluppatori della comunità, tanto da permettere di far girare una notevole quantità di OS diversi: oltre al nativo WM 6.5, è stato dotato di Windows Phone 7/7.5/7.8 (8 non è installabile suppongo per il suo mancato supporto alle CPU single core), Android dalla versione 2.1 alla 4.2, e addirittura sistemi desktop come Windows 95/98 o Ubuntu e Fedora.

Giorgio, oggi, ha customizzato il suo modello con l'ultima release di Android disponibile, la 4.2.2 Jelly Bean, fornita da CyanogenMod in versione 10.1.

Be', quello che vogliamo mostrarvi è come gira un OS tanto recente (e nemmeno particolarmente leggero come JB 4.2) su un dispositivo che si appresta a festeggiare i 4 anni di vita, un arco temporale estremamente lungo per qualunque terminale commercializzato recentemente.

Vi lascio quindi la videoprova che io e Giorgio abbiamo girato al fine di illustrarvi le funzionalità e le prestazioni di Android 4.2.2 su questo HD2, sperando che possa interessarvi e piacervi.

Qui in calce, oltre al video, per comodità trascrivo anche le specifiche tecniche del telefono, in modo che si possano avere sott'occhio in caso di necessità.

HTC HD2:


  • Sistema operativo Android 4.2.2 Jelly Bean, versione CyanogenMod 10.1;
  • CPU Qualcomm Snapdragon QSD8250 con frequenza di clock a 1 GHz Scorpion;
  • GPU Adreno 200;
  • RAM 448 MB;
  • ROM 512 MB;
  • Display TFT 4.2" 480x800;
  • Batteria 1230 mAh;



mercoledì 10 luglio 2013

Breathe: intervista ad Alessio Premoli.

Alcuni giorni fa, sono entrato in contatto tramite il Web con un giovane musicista di Milano, chitarrista, cogliendo l'occasione di poter ascoltare un suo album acustico, prodotto ormai qualche anno fa: il lavoro di cui sto parlando si intitola Breathe, e il suo autore è +Alessio Premoli.

Inutile dire che, visto come stanno le cose, l'album mi sia piaciuto (altrimenti non starei scrivendo questo contenuto).
Fedele come sono a certe atmosfere bucoliche ed intimiste di scuola Anthony Phillips, storico primo chitarrista dei miei adorati Genesis, plasmatore del sound ancestrale del gruppo e che ne fu primo leader compositivo, ho potuto ritrovare in Breathe molte similarità con quelle sonorità pulite e rilassanti che molto mi sono familiari e da tempo apprezzo.
Certo, Phillips era un musicista di estrazione puramente progressive, e non è sul progressive che Breathe si incentra, quanto piuttosto su una misticanza di generi e ispirazioni diverse che hanno nel folk il loro fuoco, ma l'aver potuto apprezzarne la composizione mi ha spinto a porre qualche domanda al suo autore, in modo che mi ( e magari ci) spiegasse qualche dettaglio più approfondito sulla sua creatura, cosa che aiuta sempre molto a capire meglio i significati di ciò di cui fruiamo.

Ecco, quindi, che vi presento la piccola intervista che ho condotto al bravo +Alessio Premoli, che ringrazio, inoltre, per la disponibilità e la precisione dimostratemi in quest'esperienza.

"Ciao Alessio. Raccontami una breve storia del tuo lavoro, Breathe, di come è nato e di come si è sviluppato."

"Breathe" è nato un po' per caso e un po' dal desiderio di sperimentare. Mi ero da poco dedicato alle accordature aperte (in cui le corde a vuoto della chitarra producono un accordo completo) e sperimentavo posizioni e soluzioni per far suonare lo strumento: alle volte il risultato era strabiliante, riuscivo ad ottenere delle sonorità così aperte e piene che non appena un’idea mi convinceva appieno la registravo e ci lavoravo su. Seguendo questa modalità sono nati la maggior parte dei brani su “Breathe”.
Ho registrato il tutto in casa e, a distanza di poco più di due anni, è una scelta che si fa sentire: ci sono alcune imprecisioni, piccole sbavature e qualche inesperienza. Ma va comunque bene così, perché rimane come una vera e propria fotografia di quel periodo musicale, così pieno di idee e spunti.
Partendo da lì ho iniziato a portare i brani in sede live e, con il passare del tempo e delle suonate, alcuni si sono modificati, altri hanno preso diverse strade rispetto all’originale e via dicendo. A poco a poco ho sentito l’esigenza di togliere canzoni dal disco e di registrarne altre a partire da zero, in situazioni più consone. È un disco che dopo la sua nascita si è evoluto ed è cresciuto con me."

"Breathe è un album dalle sonorità acustiche che attingono molto da una certa tradizione folk, ma con una significativa venatura intimista. Quali sono i gruppi o i generi musicali che ti hanno ispirato e fatto da modello per questo lavoro, e, più in generale, quali sono quelli che più ami?"

"Premetto una cosa: all'epoca ascoltavo davvero poca musica folk. A posteriori, poi, mi sono ritrovato spesso nel solco di quella direzione musicale. Quando lavorai su "Breathe" ero affascinato da altre dimensioni: dalla musica ambient (Bass Communion), dalle atmosfere eteree del post rock e dai lavori più intimi di Pat Metheny ("One Quiet Night"). Forse è stato il Metheny delle ballate più acustiche a spingermi in quella direzione, come una prima spinta involontaria: non ho mai voluto fare un disco fotocopia o un tributo mal celato a quelle atmosfere, ma è indubbio che quelle situazioni così intime e raffinate abbiano avuto una certa eco nei miei suoni.

Parlando più in generale sono un ascoltatore onnivoro. Credo nella musica come linguaggio universale e penso che ogni categoria che chiamiamo "genere" altro non sia che un "dialetto" con il quale ci si può esprimere. Sono attratto dalla sperimentazione e dalla contaminazione, così come da forme più tradizionali e consolidate. Ho anche una serie di artisti che preferisco più di altri - Steven Wilson, Pat Metheny, Brad Mehldau, Morcheeba e altri - ma in generale non sono vincolato al nome nella scelta. Ho un passato da metallaro convinto e da sempre apprezzo il prog rock."

"Io, personalmente, punto su generi (o "dialetti", come dici giustamente tu) piuttosto diversi, a parte l'essere decisamente sulla stessa lunghezza d'onda per quanto riguarda il prog-rock - e parte dell'heavy metal - di cui sono un vero maniaco. Scendendo un po' più nell'aspetto tecnico, il tuo lavoro è decisamente incentrato sulla chitarra acustica, com'è normale essendo oltretutto tu chitarrista, ma ho notato comunque un supporto nelle atmosfere di quelli che mi sono sembrate sonorità da synth, correggimi se sbaglio. Ecco, hai suonato tutto tu, anche le partiture oltre a quelle di chitarra, o ti sei appoggiato a session men esterni?"

"Sono felice di avere gusti in comune!
Sì, nel disco a farla da protagonista è la chitarra acustica. Era un esperimento, anche quello: fino ad allora avevo lavorato incidendo con la chitarra elettrica, lasciando qua e là qualche episodio unplugged.
Sono pochi i suoni che non escono direttamente dallo strumento: quelli che hai giustamente interpretato come synth sono ottenuti dalla chitarra, giocando con i delay e i volumi, per esplorare le diverse capacità dello strumento. C'è anche qualcosa di diverso (qualche percussione, forse un paio di tastiere), ma ho suonato io le parti. Più per un discorso di comodità che altro: ho la fortuna di conoscere tanti validi musicisti, ma gestire le tempistiche è sempre problematico. Su "Breathe" avevo spesso l'esigenza di avere tutto e subito, così come su "Duemilanove" e quindi mi sono adattato di conseguenza!"

"Ecco, Duemilanove. È uno dei tuoi altri lavori. Ci sono ulteriori progetti paralleli a Breathe, e vuoi dirmi se c'è qualcosa in cantiere per il prossimo futuro?"

"Questa è una di quelle domande per cui servirebbe una mezz'ora abbondante per rispondere. Cercherò di essere breve. All'attivo ho numerosi progetti che cercano di spaziare all'interno della musica che prediligo. Ci sono i Last Men on The Moon, una band post rock dalle tinte cantautorali, con i quali saremo in studio a breve per registrare il primo album; ci sono gli APJ Trio, un act in cui cerchiamo di muoverci tra acid jazz, trip hop e funky, ma per ora siamo fermi causa un infortunio del batterista. La particolarità di questo progetto è che siamo chitarra, tastiera e batteria e cerchiamo di costruire degli arrangiamenti il più interessanti possibile. Collaboro come produttore con le Rever Noir, il gruppo in cui la mia ragazza suona la batteria: do una mano con gli arrangiamenti, curo il lavoro in studio e le aiuto con i suoni. Di recente ho iniziato a collaborare con i Nasby & Crosh, uno studio-project indirizzato sui suoni folk con un'anima marcatamente pop: curo parte delle chitarre e degli arrangiamenti in studio.
Oltre a questo c'è il mio lavoro da solista. Sto facendo un po' di date qua e là per portare in giro i miei pezzi, proponendo serate solo chitarra: cerco di promuovermi e di raggiungere un po' di orecchie nuove. Ad agosto, poi, sarò in studio alla BT Sound Productions per registrare il mio prossimo disco solista in compagnia di alcuni validi musicisti e colleghi!"

"Devo ammettere che la tua poliedricità e la tua costanza nell'impegno su così tanti fronti musicali, anche piuttosto distanti fra loro, sono ammirevoli. Una dote che credo non debba mancare ad un buon musicista, come ad un buon lavoratore, in genere. Ecco, per concludere, vorrei puntare proprio in questa direzione: se dovessi rispondere, nella vita, ad una domanda simile, consiglieresti a chi arriva dopo di te di intraprendere questa strada come forma di lavoro? Ora, io non ti ho ancora chiesto se questo progetto (o meglio, questi) siano la tua prima forma di sostentamento, ma, se ti chiedessero un indirizzamento, suggeriresti di impegnarsi in un percorso simile a tempo pieno, considerato anche il periodo non socialmente semplice in cui viviamo, o consiglieresti di nutrirlo e affinarlo come hobby ancora un po' in vista di tempi più rosei?"

"Come prima cosa non mi sento in posizione di dare consigli. Forse posso condividere qualche esperienza e qualche punto fisso che ho maturato, ma non credo di essere a quel livello in cui la mia opinione possa diventare un modello da cui ispirarsi.
Ci ho messo anni a capire che forse la musica poteva diventare l'attività principale della mia vita. Tutt'ora non lo è: mi sono da poco laureato in matematica e lavoro full time. Questo perché, come noti bene, con i tempi che corrono avere un piano B e un trampolino di lancio ben sicuro è doveroso e utile. Sono convinto anche che l'esperienza sia essenziale: non c'è nulla di peggio di un musicista impreparato o fuori luogo. Studiare il più possibile, essere al passo coi tempi, suonare con tutti e tutto, che sia pop rock, metal o il liscio. Poi c'è anche da capire cosa vuol dire, per se stessi, "fare il musicista": essere solo un session men, stare fisso in un gruppo a vita, fare il compositore, fare uno o tutti dei tre?
In fin dei conti credo che l'elemento essenziale sia capire cosa si voglia fare della propria vita, quali siano gli obbiettivi e le istanze che ci permetteranno davvero di realizzarci come persone. Messo in chiaro anche solo una fetta di questo la via diventa relativamente facile: l'obiettivo c'è, tocca a noi lastricare la strada. Ma navigare con una stella a cui puntare è sempre meglio che muoversi nel buio totale."

Bene, io ringrazio veramente di cuore Alessio per la passione e la competenza dimostrata nelle sue parole. Riuscire ad inquadrare così bene una direzione da intraprendere, e saper capire quanto e come impegnarvisi, senza rischiare di esagerare nell'uno o nell'altro senso o di commettere errori di valutazione, penso sia una qualità indispensabile e preziosa da possedere in qualsiasi progetto. Quindi a lui vanno i miei complimenti e i miei auguri di un buon lavoro e di una fruttuosa carriera.

Io vi lascio ancora qui sotto il player integrato del suo album, Breathe, e il video dell'omonima title-track registrata in sede live.







Concludo lasciandovi il link al suo sito (http://alessiopremoli.bandcamp.com/), dove potrete trovare ogni informazione su di lui e sui suoi progetti musicali, al suo profilo Google+ (https://plus.google.com/u/0/112174797300159013931/posts), a quello Twitter (https://twitter.com/alessiopremoli) e a quello Facebook (http://www.facebook.com/aleprem).

Un saluto a tutti e alla prossima!

lunedì 8 luglio 2013

Recensione applicazione - Skype - Video-confronto: Android vs Windows Phone!


Comincia oggi, insieme al mio amico +Giorgio Bella, quella che speriamo possa trasformarsi in una piacevole consuetudine: periodicamente, per quanto possibile, recensiremo applicazioni, più o meno famose, confrontandole in esecuzione sia su piattaforma Android che Windows Phone.

Per cominciare questa - divertente - esperienza, presentiamo le differenze fra le versioni dei due OS di un software celeberrimo, leader nei servizi di messaggistica istantanea nel mondo con oltre 600 milioni di account attivi: stiamo ovviamente parlando di Skype!

Non scriverò anche qui tutto ciò che potete trovare esaurientemente spiegato nella video-recensione che trovate qui sotto. Riassumo, però, molto brevemente, le novità della versione 4.0 di Android, da poco rilasciata, che la porta ad avere UI e funzionalità decisamente vicine alla versione "originale" su Windows Phone:

  • interfaccia utente rinnovata con stile grafico misto fra Holo e Metro;
  • organizzazione delle schermate (Recenti, Preferiti e Persone) in linea con la versione WP;
  • nuova organizzazione del profilo personale;
  • nuova disposizione dei tasti Chiamata e Aggiunta Contatto;
  • nuovo menu impostazioni;
  • migliorata efficienza nei consumi energetici;

Lascio infine, prima del video, il link al download dell'applicazione per entrambi gli store, in modo che chiunque possa reperirli rapidamente nei rispettivi sistemi:



Non ci resta che augurarvi buona visione!

martedì 2 luglio 2013

Recensione applicazione - MatrixCalc: operazioni con le matrici su Windows Phone.


Ritorno a parlare di applicazioni per smartphone, e ritorno con un prodotto molto valido, anche stavolta sviluppato da +Giorgio Bella, al momento in esclusiva per piattaforma Windows Phone 8/7.x (in attesa fiduciosa di un eventuale porting su Android): la recensione di oggi tratta di MatrixCalc, uno strumento indirizzato ad una cerchia precisa di utilizzatori dal marcato approccio scientifico, utile ad affrontare operazioni matematiche con le matrici.

Per l'occasione, ho ricevuto direttamente dallo sviluppatore una panoramica dettagliata delle caratteristiche dell'applicazione, già inserita nel Windows Phone Store+Giorgio Bella ci parla così del suo lavoro:

"MatrixCalc è un'applicazione per Windows Phone in doppia lingua (Italiano e Inglese) che consente di eseguire diverse operazioni con le matrici. Non si rivolge chiaramente ad un pubblico molto vasto, ma vuole essere uno strumento utile ed efficiente per coloro che con le matrici hanno a che fare frequentemente. Consente di operare con matrici fino ad ordine 5x5 (una novità per questo tipo di app, dato che di solito ci si ferma alle 4x4) di cui è possibile calcolare determinate, rango, effettuare la riduzione per righe (cosa che, ad esempio, è utile a chiunque per risolvere un sistema di equazioni lineari) e calcolare il prodotto con un'altra matrice di ordine massimo 5x5. Inoltre, possiede pieno supporto ai numeri negativi ed ai decimali."






L'aspetto grafico è decisamente molto curato in ogni particolare. Le informazioni risultano molto chiare e funzionali, ben disposte lungo l'intera schermata. La reattività e fluidità dei menu è totale, come di norma per Windows Phone.

Giorgio, inoltre, aggiunge:

"Non mancano piccoli accorgimenti di programmazione tra i quali l'auto-ridimensionamento della seconda matrice in un prodotto e la conversione automatica di numeri non validi di dimensione in valori accettabili (Es: l'utente inserisce dimensione 6x6 ed automaticamente il programma ridimensiona a 5x5)."




Posso, oltre a questo, affermare il continuo sviluppo dell'applicazione da parte dello sviluppatore per farne progredire ulteriormente l'esperienza d'utilizzo ed aggiungere nuove funzionalità (a tal proposito è previsto per i prossimi update l'inserimento della possibilità di calcolo della matrice inversa).

Vi lascio, infine, il link visibile allo store di Windows Phone al cui indirizzo troverete la pagina dell'applicazione da cui poterla installare, e la video-recensione di +Giorgio Bella a cui ho contribuito, che ne esplica in modo più approfondito tutti i dettagli.

Link allo Store: http://www.windowsphone.com/it-it/store/app/matrixcalc/7b51b9da-12e5-4693-b80a-a2bfc965799a


sabato 22 giugno 2013

Code Geass: la ribellione verso Britannia in streaming sullo smartphone.

Scrivo quella che si appresta a diventare la mia prima recensione tecnologica. Chissà che non sia anche la prima di una serie. La cosa mi piace, perché, nel caso specifico, riesce ad unire due miei piacevoli interessi: quello per l'hi-tech, e quello per Code Geass.

Spieghiamo solo un'attimo, prima di procedere. Diamo i "requisiti".

Code Geass, come già accennai tempo addietro, è un anime giapponese del 2006 basato sulla guerra, sulla ribellione e sulla strategia militare. Un prodotto intelligente, insomma, e impegnativo, per certi versi.

Oggi, +Giorgio Bella ha scritto un'applicazione per smartphone (attualmente esclusiva per piattaforma Windows Phone), che utilizza il nome dall'anime stesso, che consente di fruire degli episodi di entrambe le stagioni in streaming, con una buonissima qualità video (WVGA, 854x480p, più che adatta a qualunque device).
Non solo. L'app (scritta davvero bene, a mio avviso) offre anche la possibilità di godere in streaming delle quattro sigle della serie animata, e di accedere ad una ricca sezione biografica riguardante tutti i principali personaggi che compaiono nell'opera.

Oltre all'ottima qualità dei contenuti, e alle comode impostazioni di sistema, che consentono di selezionare le varie connessioni che desideriamo utilizzare, particolarmente curata ed elegante e in linea con lo stile dell'anime risulta essere la grafica, soprattutto considerando la gratuità dell'applicazione e la poca presenza di banner pubblicitari al suo interno.

Non mi dilungo oltre nella recensione, dato che al fondo vi lascio la videoprova girata da me e Giorgio in occasione del completamento della "beta".

Vi linko inoltre la sezione del Windows Phone Store dalla quale è possibile avviare il download per l'applicazione.

Non mi resta che augurarvi una buona visione. Enjoy!

martedì 11 giugno 2013

In Concert, 1973-2013

Ieri, 10 giugno A.D. 2013, trovo online quella che dovrebbe essere, con tutta probabilità, la scaletta ufficiale del prossimo concerto di Torino del leggendario Steve Hackett. Leggerla è stato, più o meno, paragonabile al venire investiti da un tram. Sembra, piuttosto che star davanti al progetto del live di un musicista ultra-sessantenne, di aver ricevuto notizia di una data del Wind And Wuthering Tour del '77, solo molto migliorato.

Tralasciamo varie ed eventuali reazioni euforiche, però. Non siamo in sede adatta, o almeno non voglio che lo sia ora. Stavo pensando, però, che una notizia di tale portata, per un fan genesiano fino al midollo, dovesse essere "celebrata" con una certa qual dose di dovizia. E allora mi metto a pensare a cosa potrei scrivere, senza scadere troppo nel banale. Inutile riproporre le urla di gioia, ho già detto di no. No! Meglio fare un salto indietro nel tempo, di 40 anni esatti, e raccontare una di quelle perle misconosciute del panorama live dei Genesis, una di quelle cose che l'ascolti, e poi ti chiedi perché non gli sia stato dato l'onore di giganteggiare nella discografia ufficiale, relegata com'è stata nei canali di diffusione amatoriale fino ad una oltremodo tardiva pubblicazione nel live-extra del Remastred Box del 2009.

Oggi vi parlo del Live at Rainbow Theatre 1973!

Il concerto, registrato nel famoso teatro londinese nell'ottobre '73 e facente parte del Selling England Tour, è un monumento all'arte musicale prodotta dal gruppo fino a quel momento, periodo apicale del movimento progressive e appena precedente all'annata che costituirà il canto del cigno per molti complessi che vi appartennero (non per i Genesis, che tirarono dritto lancia in resta ancora un biennio).

Sull'edizione pubblicata nel Live Box '73-'07 del 2009, con il remastered comprendente la nuova ingegnerizzazione sonora di Nick Davies, il concerto è stato reso disponibile in maniera "strana". Intanto, in doppio supporto (come per gli album da studio del cofanetto), CD/SACD e DVD-Audio, ma la particolarità sta nella tracklist delle due versioni: la seconda è più completa! Comprende dei brani aggiuntivi, fra cui The Musical Box e Watcher of The Skies, non presenti sulla versione CD, sulla quale dovremo accontentarci delle prime sette tracce.

Accontentarci? Diciamo che non è proprio il termine esatto. Le sette tracce di cui sopra sono sette capolavori (sei e mezzo, via) dell'arte genesiana pre-74, il meglio di ciò che poteva essere estratto da album come Foxtrot e Selling England by The Pound (la prevalenza di brani da quest'ultimo è pleonastica, data l'appartenenza del concerto al Selling England Tour, come già spiegato).

Non voglio fare una recensione dei pezzi suonati. Non mi sarebbe possibile, con i Genesis non sono obiettivo, credo, e suppongo risulterebbe noioso o ripetitivo, sono brani da decenni appartenenti alla leggenda del Rock e sono stati analizzati da mille esperti. Voglio, piuttosto, segnalare quei riarrangiamenti in chiave live che il gruppo apporta a certe partiture e che sono ciò per cui l'album diviene particolarmente apprezzabile. E non tralascerò nemmeno qualche piccola, meritata, critica.

Il primo motivo, ineludibile, si chiama The Cinema Show: se vi interessa ascoltare le più belle tastiere mai suonate da Tony Banks, ascoltate questa versione. Io lo chiamo il trionfo dell'ARP Pro Soloist. Non so se sia solo per una maggiore presenza dei synth, o per il deciso inserimento del bass pedal in diversi passaggi, o forse per una sezione ritmica di un Collins esplosivo, sta di fatto che quella suonata in questa sede resta senza pochi dubbi la più bella e travolgente performance del brano fino ad almeno il Trick Tour del '76, con le percussioni raddoppiate dall'apporto di Bill Bruford (i synth, però, non saranno davvero mai più così belli da sentire).

Discorso simile, anche se traslato sulla chitarra, per Firth of Fifth. Se questa fa già parte di una delle primissime versioni live suonate senza intro di piano (che fu eliminato pochi concerti prima), e se l'assenza dello Steinway dal palco, sostituito dal piano elettrico che non era ancora il Fender Rodhes della seconda metà dei Seventies, mi fa apprezzare meno il brano in sede live, qui c'è a mio parere la miglior performance del mitico assolo di 6-corde di Steve Hackett DI SEMPRE! Anima nel suonarla? Sì, ma c'è anche da studio (e spiegateglielo a Daryl Stuermer). Emotività? Sì, ma c'è anch'essa da studio. Timbro dello strumento? Sì, ma in studio è uguale, la chitarra è, se non sbaglio, la stessa, una Gibson Les Paul Custom. Incisi di tapping? Ecco, sì! Ci sono gli incisi di tapping fatti benissimo, molto meglio che in studio, dove non sono nemmeno sicurissimo che ci fossero. E c'è il bass pedal! Benedetto bass pedal, c'era anche in studio (ancora), ma in questo live è assolutamente micidiale. E c'è una perizia esecutiva esemplare, che in live apprezzi sempre di più.

Stesse cose che potrei dire di Dancing With The Moonlit Knight, ma qui è soprattutto Phil Collins da elogiare. In live è una piovra, c'è poco da dire. Le parti di chitarra di Hackett sono perfette, al solito, forse anche in questo caso migliori che nell'originale, ma nutro qualche dubbio sulle due note suonate sulle corde basse prima dell'inizio dell'assolo: o sono accompagnate dal synth, o sono in qualche modo filtrate nel Pro Soloist, perché mi sembrano abbastanza diverse. Ma hanno una grandissima potenza! Per il resto, rimangono le debolezze del piano elettrico sulle parti di pianoforte, ma all'epoca non si poteva ottenere di più senza avere un acustico sul palco.

Passiamo alle critiche? Sì, non sono molte. Riguardano principalmente The Battle of Epping Forest, che è un brano che non si presta bene in sede live. Viene fuori troppo... sconnesso! Le parti sembrano mancare di collante, ho l'impressione (e non solo quella) che sia un pezzo composto da tante sovraincisioni difficilmente replicabili dal vivo (un po' come succederà in futuro con One For The Vine e con la mai per questo suonata Mad Man Moon). Resta comunque bella da ascoltare, la critica più grossa non è questa.

La critica più grossa si chiama PETER GABRIEL! Peter, lo sappiamo che sei bravo. Lo sappiamo tutti. Mi spieghi, dunque, perché hai voluto a tutti i costi sovraincidere in studio parti vocali che ritenevi non all'altezza in quel concerto? Il vizietto ce l'hai avuto già su Archive, ma riproporlo anche qui, su SUPPER'S READY, e non su tutta Supper's Ready, ma solo su The Guaranteed Eternal Sanctuary Man, è stato davvero di pessimo gusto. Non dico perché sia moralmente sbagliato far passare qualcosa di programmato e ri-registrato come live. Ma perché c'è una differenza abissale tra il timbro vocale che possedevi nel '73 e quello che possiedi oggi! E quella sezione di Supper's Ready sembra cantata da un altro cantante, lascio immaginare la sensazione spiazzante. Menomale, dico, menomale, che c'è un Apocalisse da brividi a ri-elevare il tutto.

Sorvoliamo. Sorvoliamo anche perché l'album è pressoché finito e il poco di cui non ho parlato è su livelli altissimi. Compreso tutto il resto di Supper's Ready.


Direi che è ora di concludere, che per quei pochi dissennati che staranno leggendo sarò già diventato sufficientemente noioso.
Ovviamente, non posso non consigliare il live. E intendo entrambi. Sia quello di cui ho appena parlato, sia quello che mi ha ispirato a parlarne. Fra poco più di un mese, in quella data, ci saranno oltre la metà dei pezzi suonati in questo concerto, oltre ad una decina di altri del periodo d'oro. Qualche fan pagherebbe abbastanza per vederli suonati da tutti i cinque membri del gruppo. Molti andranno comunque in visibilio con la sola presenza di uno di loro.


sabato 25 maggio 2013

Aggiornamenti.

Pubblico solo un breve post di aggiornamento: ho dato una piccola ritoccata alla grafica del blog, ma veramente, veramente minima, e spero che così si avvicini un po' di più alla sua veste definitiva (che spero non tardi ad arrivare, mentre so già che non arriverà mai...).
Probabilmente seguirà ancora qualche sottile aggiustamento qui e la, ma suppongo che non se ne accorgerà quasi nessuno. Intanto, grazie, come al solito, a +Giorgio Bella per il supporto tecnico (anche se a questo giro abbiamo semi-fallito entrambi).

E... niente. Sì, l'intenzione era anche quella di non lasciare il blog senza articoli per troppi giorni. Quindi, accontentiamoci!

See ya!

lunedì 20 maggio 2013

Riflessioni di carta.

Stamattina, mentre sono assorto nella mia classica perlustrazione internettiana, mi imbatto in un tweet di Tito Faraci, che esordisce così:

Novello Lapalisse, rifletto su come i fumetti in Italia vendano ancora tantissimo ma non abbiamo un evento paragonabile al Salone del libro.

Potete immaginare facilmente come le risposte non si siano fatte attendere.
Immediatamente, qualcuno cita subito il Lucca Comics e il Napoli Comicon, assurgendo a motivazione d'esempio il numero di biglietti strappati dal festival toscano maggiore rispetto addirittura al Comicon di San Diego, o la passione sfrenata che starebbe dietro ai partecipanti a simili eventi, introvabile nei visitatori di una kermesse libraria.

Non sono qui per prendere le parti di alcuno. Tutt'altro. Sono qui, a scrivere, perché l'argomento, e il dibattito scaturitone, mi ha molto interessato, e gradirei esternare un commento tentando di guardare sotto una luce più particolareggiata ciò che Tito volesse intendere. No, perché magari è stato solo un pochino frainteso. O, più probabilmente, i 140 caratteri di Twitter non hanno potuto permettere di esprimere appieno il suo punto di vista.

Per come la vedo io, ciò con cui è possibile concordare, e forse proprio ciò che lo scrittore voleva sottolineare, è che la risonanza e l'attenzione mediatica (e pubblica) che possiede il Salone del Libro non è appannaggio di alcun analogo evento fumettistico italiano.

Ragioniamo.

Non è giusto discutere solo per numero di visitatori, ovviamente. La qualità di una manifestazione si riconosce innanzitutto dal suo contenuto, da come quel contenuto è presentato, e da chi viene a presentarti parte di quel contenuto, che contribuisce a creare. Gli ospiti sono sempre una parte fondamentale di simili manifestazioni. Altrimenti, potremmo mettere sul piatto i 900.000 visitatori medi del Motorshow di Bologna e chiudere tutto il resto.

Gli ospiti, dunque, appunto. Gli ospiti sono il pezzo forte che focalizza l'attenzione sull'evento. Vorreste dirmi che a Lucca non ci sono ospiti degni? Volendo mentire spudoratamente, sì. Ma qual è la differenza fra gli ospiti del Lucca Comics e quelli del Salone del Libro, fra ciò che portano in mano (e a voce) quelli del Lucca Comics (e quelli di un po' tutte le altre fiere) e quelli del Salone del Libro? Che quelli del Lucca ti parlano di fumetti, e quelli del Salone di libri? No. Che quelli del Lucca ti parlano di fumetti, e quelli del Salone di tutto. Qui, probabilmente, sta il nodo centrale.

Chi va a Lucca è un appassionato, noi diremmo un nerd. Si imbuca lì e sta due ore in coda per avere l'autografo di Jeff Smith. Poi torna a casa, e magari parla con i genitori. "Sapete che ho avuto un autografo da Jeff Smith?". La reazione più tranquilla, a quel punto, sarà quella di veder comparire un W.T.F. impresso sulle fronti del parentado. Ovviamente, segue il telegiornale, ma di Jeff Smith al Lucca Comics neanche una traccia. Neanche una traccia del Lucca Comics, a dire il vero, tranne che forse sul TGR Toscana.
E quello che va al Salone del Libro? Be', quello si fa le due ore di coda, e si stipa in una sala ad ascoltare Roberto Saviano. Oppure Mario Draghi. Poi torna a casa, e dopo aver assistito per bene ad un bel battage tele-giornalistico su Draghi e Saviano al Salone, racconta a visi curiosi e ipnotizzati quanto incredibile sia stato ascoltare ciò che usciva dalle loro vere voci.

Con questo, vuoi dire che gli ospiti di Lucca non valgono un tubo, direte. Proprio no. Alla scorsa edizione ho assistito ad una stupenda quanto commovente conferenza di Giorgio Cavazzano, mentre ieri, al Lingotto, non son riuscito a sentire nemmeno uno dei nomi che erano venuti lì per raccogliere masse. Eppure, di Cavazzano a Lucca non si è mai parlato sui media tradizionali (e pochino online, tranne che sui siti specializzati), mentre di Renzi a Torino hanno sbandierato tutti i telegiornali.

Con questo, vorrei concludere il discorso e sperare di aver dato un punto di vista soddisfacente su ciò che suppongo intendesse Tito con quel post. La risposta, si chiama nicchia. La nicchia in cui il fumetto è ancor chiuso oggi, non solo in Italia, credo, ma in particolar modo nel nostro paese. E a cui il libro, e ciò intorno a cui il libro ruota - cioè, potenzialmente, tutto  - non appartiene. Perché è pleonastico dire che un luogo dove, a distanza di due ore, potrai sentir parlare il Presidente della BCE e lo scienziato di fama internazionale che ti tiene la sua lectio magistralis, avrà per forza di cose un eco di risonanza enormemente maggiore di una manifestazione per appassionati. E' un difetto ciò, per l'evento da appassionati? Ne siete davvero convinti?

domenica 19 maggio 2013

Solcando oceani di cellulosa.

Sono uscito vivo dal Lingotto per l'ennesimo anno consecutivo.
Non sono uno che legge in maniera frenetica, non compro praticamente mai libri, quelli che leggo li prendo in prestito (le biblioteche sono una gran invenzione). Nonostante ciò, al Salone Internazionale del Libro di Torino ci vado tutti gli anni, foss'anche solo per passare un pomeriggio diverso. Già, perché è così che sarebbe da definire l'esperienza ormai consueta che ogni maggio mi porta fra i padiglioni di via Nizza.

A questo giro, il raccolto è stato meno fruttuoso. Ma non meno piacevole. Eravamo partiti, io e i miei amici +Emmanuele Baccinelli e +Fabio Del Prete, con l'intento di replicare la caccia al tesoro dell'anno scorso: tampina Faraci! Risultato: in pieno stile Disney, ha fregato lui noi. Tranquillamente, mentre noi arrivavamo, lui se ne andava a partecipare ad una mostra fotografica a Palazzo Reale. Fine. L'obiettivo principe della giornata era sfumato.
Poco male, ci sono da girare 51.000 metri quadri di fiera. 51.000 metri quadri che in questo momento sento tutti nelle gambe, nonostante non esista uno stand che non abbia visto in fast motion.
Troppo poco un pomeriggio per rendere decente la visita. Troppa gente. Per camminare si cammina: gli stand quest'anno, complice la crisi, si sono rimpiccioliti, pur aumentando di numero, cosa che ha consentito di avere a disposizione corridoi molto più ampi del solito. Il problema è che le sale sono sempre quelle, e l'afflusso è sempre enorme. Così, Massimo Gramellini è praticamente assediato in conferenza, per vedere Paolo Villaggio c'è da mettere in conto almeno mezz'ora fissa di coda, e grazie a Dio che Renzi c'era a mezzogiorno, che altrimenti avremmo probabilmente subito una sorta di tsunami umano. Resta quasi abbordabile un insolitamente calmo Vittorio Sgarbi, che sbraita con una tranquillità che non sembra sua allo stand della Regione Calabria. Lasciamo stare i VIP oggi, via, non è giornata.

È così che, dopo esserci più o meno persi, si decide di battere in ritirata. Resta l'impressione, un po' velata, di un'edizione leggermente sottotono. Probabilmente, anzi, sicuramente, solo sotto il profilo del gradimento personale. O forse abbiamo solo beccato la giornata meno intensa. D'altronde è abbastanza risaputo dagli habitué che i giorni clou sono venerdì e sabato.

Ma qualcosina che non va, c'è. Forse l'inspiegata assenza di Disney e il tristissimo stand di BAO Publishing hanno di fatto impattato più del dovuto. Per non parlare del Wi-Fi! Oggi gli oceani di cellulosa erano davvero gli unici degnamente... navigabili.

sabato 18 maggio 2013

Ben arrivati nei mistici Giardini di Britannia.

Non chiedetemi il perché mi sia venuto in mente di aprire un blog. Risparmiate il fiato, perché non lo so nemmeno io. Sta di fatto che - forse perché sono uno a cui piace provare gli strumenti che ha a disposizione, forse perché l'idea di avere uno spazio dedicato in cui scaricare pensieri non era poi così male - ho deciso di aprirne uno. Un esperimento. "Un altro?!" Sento già qualcuno far rimbombare una simile esclamazione di sorpresa all'interno della propria testa. E forse anche all'esterno. Sì, è un periodo di sperimentazione. Il mio lato progressive è in un momento di particolare attività, evidentemente. Ho appena aperto una pagina Google+ in co-gestione, e ora mi faccio anche un blog. Decisamente tanto.

In ogni caso. Le due cose possono anche venire messe in connessione.

Il blog verrà usato per trattare di qualunque argomento, qualunque argomento che altrove - magari sul profilo G+ - verrebbe trattato magari in maniera più riduttiva. Scriverò di qualunque cosa mi passi per la testa di scrivere. Un giorno, forse, di musica, e quello dopo di tecnologia, chissà, e magari quello dopo ancora di scienza, non fosse mai che così possa pubblicare sulla neonata paginetta qualcosa di originale. Un giorno? Ecco, chiarisco subito. Seguitemi pure, se quel tempo avete proprio intenzione di buttarlo, ma non aspettativi chissà quale regolarità nel posting. Potrei scrivere tre articoli in tre giorni e poi restar fermo tre mesi. E come ripeto, è un esperimento, per ora. Sono in beta.

Non arrabbiatevi neanche se pasticcio un po' con la grafica e il layout. Devo ancora prendere un po' di confidenza con Blogger, e spero non sia scontroso. Ah, il titolo. Se ve lo state chiedendo... non significa niente. Chi mi conosce un po' sa che ho interessi che spaziano abbastanza (spesso anche senza c'entrare una mazza l'uno con l'altro), e che ancor di più mi diverto, alle volte, a fonderli fra loro, sempre che questo possa significare qualcosa. Nella fattispecie, la Britannia del titolo è una citazione al bellissimo anime giapponese Code Geass, che il mio amico +Giorgio Bella mi ha spinto a vedere ultimamente. E come si collega a questi altri presunti interessi, vi chiederete? Be', da amante della Perfida Albione e della sua figlia musicale, il Rock Progressivo, non potevo non pensare al mio gruppo preferito. Anche perché, nel nostro frangente, si sposa benissimo con ciò che avevo in mente. Si dà il caso, infatti, che Britannia fosse uno dei personaggi che Peter Gabriel soleva interpretare durante i suoi teatro-concerti (nella foto), personaggio che rappresentava l'Inghilterra vilipesa e svenduta al denaro. I giardini, invece, sono una citazione, sempre genesiana, ai Royal Gardens of Kew presenti nel brano del 1971 The Return of The Giant Hogweed. Nessuno può obiettarmi che non fossero britannici anch'essi.

Va bene, per ora mi fermo qui. Condivido un po' il blog in giro, che sapete dove trovare (e dove trovarmi). Vi do appuntamento al primo - vero - goffo tentativo di articolo.

ALLONS-Y!