martedì 11 giugno 2013

In Concert, 1973-2013

Ieri, 10 giugno A.D. 2013, trovo online quella che dovrebbe essere, con tutta probabilità, la scaletta ufficiale del prossimo concerto di Torino del leggendario Steve Hackett. Leggerla è stato, più o meno, paragonabile al venire investiti da un tram. Sembra, piuttosto che star davanti al progetto del live di un musicista ultra-sessantenne, di aver ricevuto notizia di una data del Wind And Wuthering Tour del '77, solo molto migliorato.

Tralasciamo varie ed eventuali reazioni euforiche, però. Non siamo in sede adatta, o almeno non voglio che lo sia ora. Stavo pensando, però, che una notizia di tale portata, per un fan genesiano fino al midollo, dovesse essere "celebrata" con una certa qual dose di dovizia. E allora mi metto a pensare a cosa potrei scrivere, senza scadere troppo nel banale. Inutile riproporre le urla di gioia, ho già detto di no. No! Meglio fare un salto indietro nel tempo, di 40 anni esatti, e raccontare una di quelle perle misconosciute del panorama live dei Genesis, una di quelle cose che l'ascolti, e poi ti chiedi perché non gli sia stato dato l'onore di giganteggiare nella discografia ufficiale, relegata com'è stata nei canali di diffusione amatoriale fino ad una oltremodo tardiva pubblicazione nel live-extra del Remastred Box del 2009.

Oggi vi parlo del Live at Rainbow Theatre 1973!

Il concerto, registrato nel famoso teatro londinese nell'ottobre '73 e facente parte del Selling England Tour, è un monumento all'arte musicale prodotta dal gruppo fino a quel momento, periodo apicale del movimento progressive e appena precedente all'annata che costituirà il canto del cigno per molti complessi che vi appartennero (non per i Genesis, che tirarono dritto lancia in resta ancora un biennio).

Sull'edizione pubblicata nel Live Box '73-'07 del 2009, con il remastered comprendente la nuova ingegnerizzazione sonora di Nick Davies, il concerto è stato reso disponibile in maniera "strana". Intanto, in doppio supporto (come per gli album da studio del cofanetto), CD/SACD e DVD-Audio, ma la particolarità sta nella tracklist delle due versioni: la seconda è più completa! Comprende dei brani aggiuntivi, fra cui The Musical Box e Watcher of The Skies, non presenti sulla versione CD, sulla quale dovremo accontentarci delle prime sette tracce.

Accontentarci? Diciamo che non è proprio il termine esatto. Le sette tracce di cui sopra sono sette capolavori (sei e mezzo, via) dell'arte genesiana pre-74, il meglio di ciò che poteva essere estratto da album come Foxtrot e Selling England by The Pound (la prevalenza di brani da quest'ultimo è pleonastica, data l'appartenenza del concerto al Selling England Tour, come già spiegato).

Non voglio fare una recensione dei pezzi suonati. Non mi sarebbe possibile, con i Genesis non sono obiettivo, credo, e suppongo risulterebbe noioso o ripetitivo, sono brani da decenni appartenenti alla leggenda del Rock e sono stati analizzati da mille esperti. Voglio, piuttosto, segnalare quei riarrangiamenti in chiave live che il gruppo apporta a certe partiture e che sono ciò per cui l'album diviene particolarmente apprezzabile. E non tralascerò nemmeno qualche piccola, meritata, critica.

Il primo motivo, ineludibile, si chiama The Cinema Show: se vi interessa ascoltare le più belle tastiere mai suonate da Tony Banks, ascoltate questa versione. Io lo chiamo il trionfo dell'ARP Pro Soloist. Non so se sia solo per una maggiore presenza dei synth, o per il deciso inserimento del bass pedal in diversi passaggi, o forse per una sezione ritmica di un Collins esplosivo, sta di fatto che quella suonata in questa sede resta senza pochi dubbi la più bella e travolgente performance del brano fino ad almeno il Trick Tour del '76, con le percussioni raddoppiate dall'apporto di Bill Bruford (i synth, però, non saranno davvero mai più così belli da sentire).

Discorso simile, anche se traslato sulla chitarra, per Firth of Fifth. Se questa fa già parte di una delle primissime versioni live suonate senza intro di piano (che fu eliminato pochi concerti prima), e se l'assenza dello Steinway dal palco, sostituito dal piano elettrico che non era ancora il Fender Rodhes della seconda metà dei Seventies, mi fa apprezzare meno il brano in sede live, qui c'è a mio parere la miglior performance del mitico assolo di 6-corde di Steve Hackett DI SEMPRE! Anima nel suonarla? Sì, ma c'è anche da studio (e spiegateglielo a Daryl Stuermer). Emotività? Sì, ma c'è anch'essa da studio. Timbro dello strumento? Sì, ma in studio è uguale, la chitarra è, se non sbaglio, la stessa, una Gibson Les Paul Custom. Incisi di tapping? Ecco, sì! Ci sono gli incisi di tapping fatti benissimo, molto meglio che in studio, dove non sono nemmeno sicurissimo che ci fossero. E c'è il bass pedal! Benedetto bass pedal, c'era anche in studio (ancora), ma in questo live è assolutamente micidiale. E c'è una perizia esecutiva esemplare, che in live apprezzi sempre di più.

Stesse cose che potrei dire di Dancing With The Moonlit Knight, ma qui è soprattutto Phil Collins da elogiare. In live è una piovra, c'è poco da dire. Le parti di chitarra di Hackett sono perfette, al solito, forse anche in questo caso migliori che nell'originale, ma nutro qualche dubbio sulle due note suonate sulle corde basse prima dell'inizio dell'assolo: o sono accompagnate dal synth, o sono in qualche modo filtrate nel Pro Soloist, perché mi sembrano abbastanza diverse. Ma hanno una grandissima potenza! Per il resto, rimangono le debolezze del piano elettrico sulle parti di pianoforte, ma all'epoca non si poteva ottenere di più senza avere un acustico sul palco.

Passiamo alle critiche? Sì, non sono molte. Riguardano principalmente The Battle of Epping Forest, che è un brano che non si presta bene in sede live. Viene fuori troppo... sconnesso! Le parti sembrano mancare di collante, ho l'impressione (e non solo quella) che sia un pezzo composto da tante sovraincisioni difficilmente replicabili dal vivo (un po' come succederà in futuro con One For The Vine e con la mai per questo suonata Mad Man Moon). Resta comunque bella da ascoltare, la critica più grossa non è questa.

La critica più grossa si chiama PETER GABRIEL! Peter, lo sappiamo che sei bravo. Lo sappiamo tutti. Mi spieghi, dunque, perché hai voluto a tutti i costi sovraincidere in studio parti vocali che ritenevi non all'altezza in quel concerto? Il vizietto ce l'hai avuto già su Archive, ma riproporlo anche qui, su SUPPER'S READY, e non su tutta Supper's Ready, ma solo su The Guaranteed Eternal Sanctuary Man, è stato davvero di pessimo gusto. Non dico perché sia moralmente sbagliato far passare qualcosa di programmato e ri-registrato come live. Ma perché c'è una differenza abissale tra il timbro vocale che possedevi nel '73 e quello che possiedi oggi! E quella sezione di Supper's Ready sembra cantata da un altro cantante, lascio immaginare la sensazione spiazzante. Menomale, dico, menomale, che c'è un Apocalisse da brividi a ri-elevare il tutto.

Sorvoliamo. Sorvoliamo anche perché l'album è pressoché finito e il poco di cui non ho parlato è su livelli altissimi. Compreso tutto il resto di Supper's Ready.


Direi che è ora di concludere, che per quei pochi dissennati che staranno leggendo sarò già diventato sufficientemente noioso.
Ovviamente, non posso non consigliare il live. E intendo entrambi. Sia quello di cui ho appena parlato, sia quello che mi ha ispirato a parlarne. Fra poco più di un mese, in quella data, ci saranno oltre la metà dei pezzi suonati in questo concerto, oltre ad una decina di altri del periodo d'oro. Qualche fan pagherebbe abbastanza per vederli suonati da tutti i cinque membri del gruppo. Molti andranno comunque in visibilio con la sola presenza di uno di loro.


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